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I BIOSTIMOLANTI: CHE COSA SONO E COME AGISCONO?

I biostimolanti sono dei materiali diversi dai fertilizzanti classici con scopo nutrizionale, che promuovono la crescita delle piante applicati a basse dosi.

Numerose ricerche hanno ormai evidenziato una vastissima gamma di effetti positivi dovuti all’utilizzo dei biostimolanti: si va dall’aumento della fertilità del terreno alla maggiore resistenza delle piante agli stress, passando attraverso il miglioramento ed efficacia nell’assorbimento e assimilazione dei nutrienti.

Il termine di “biostimolante” compare per la prima volta nella storia nel 1997 quando due studiosi della Virginia Polytechnic Institute and State University, Zhang e Schmidt; proposero appunto il termine biostimolante per indicare “delle sostanze che applicate in piccole quantità promuovevano la crescita delle piante”. I biostimolanti a cui si faceva riferimento erano acidi umici ed estratti di alghe di cui si evidenziava un’azione ormonale.
Nel 2010 anche in Italia, con il Decreto Legge 75/2010 e successiva modifica del 10 luglio 2013, venne considerata la categoria dei biostimolanti e venne creata la sezione “Prodotti ad azione specifica sulla pianta – Biostimolanti”, definendo gli elementi appartenenti come prodotti che apportano ad un altro fertilizzante o al suolo o alla pianta, sostanze che favoriscono o regolano l’assorbimento degli elementi nutritivi o correggono determinate anomalie di tipo fisiologico.

L’Europa risultò da subito molto attenta a questa nuova categoria di materiali con l’Italia in prima fila e nel Giugno 2011 nacque un’associazione denominata “EBIC” (European Biostimulant Industry Council) con l’obiettivo di proporre una precisa definizione di “biostimolante”, attraverso una sua classificazione, con metodi analitici, e con la precisa volontà di istituire a tutti gli effetti anche a livello legislativo europeo questa nuova tipologia di prodotti.

Nel 2012 venne quindi messa a punto una prima definizione e classificazione europea: i biostimolanti sono sostanze e materiali, con l’eccezione di nutrienti e pesticidi, che quando applicati alla pianta, semi o substrato di crescita in formulazioni specifiche, hanno la capacità di modificare i processi fisiologici delle piante migliorando la crescita, lo sviluppo e/o la risposta agli stress.

Nacque quindi una classificazione europea nelle seguenti categorie:

  • Sostanze umiche
  • Materiali organici complessi
  • Elementi chimici benefici
  • Sali inorganici inclusi i fosfiti
  • Estratti di alghe
  • Chitina e derivati del chitosano
  • Antitraspiranti
  • Aminoacidi e altri composti azotati

Dopo ulteriori confronti, si arrivò finalmente all’ultima definizione di biostimolante elaborata da EBIC 2013 che dice: “I biostimolanti sono sostanze e/o microrganismi che applicati alla pianta o alla rizosfera stimolano i processi naturali che migliorano l’efficienza d’assorbimento e d’assimilazione dei nutrienti, la tolleranza a stress abiotici e la qualità del prodotto. I biostimolanti non hanno effetti diretti su parassiti e patogeni e quindi non rientrano nella categoria dei pesticidi”.

Ma alla fine quali sono le principali sostanze biostimolanti?

Tra le prime e le più conosciute, ci sono senz’altro gli estratti di alga. Esse sono già state utilizzate da numerosi anni in agricoltura come ammendanti per migliorare la fertilità del suolo. Gli estratti sono ottenuti partendo da alghe verdi, rosse o brune, soprattutto del tipo Ascophyllum nodosum, Ecklonia maxima, Laminaria digitata e Fucus spp.
Il tipo di alga utilizzato, il periodo di raccolta e il processo di estrazione influenzano notevolmente le caratteristiche chimiche dell’estratto e quindi le sue proprietà biostimolanti. È stato dimostrato che gli estratti di alga agiscono come biostimolanti migliorando la velocità di germinazione, la crescita, l’allegagione, la produzione in genere, la qualità del prodotto e la resistenza agli stress ambientali. Inoltre, gli estratti di alga incrementano l’assorbimento dei macro e micronutrienti. Gli effetti biostimolanti sono da ricondurre soprattutto alla presenza di fitormoni, polisaccaridi, polifenoli e altre molecole organiche. I fitormoni individuati negli estratti di alga che stimolano la crescita delle piante sono auxine, citochinine, acido abscissico, gibberelline, ecc.

Dopo le alghe ci sono le sostanze umiche. Si tratta di macromolecole organiche complesse che provengono dalla decomposizione della sostanza organica e dall’attività metabolica dei microrganismi. Sono sostanze molto eterogenee, classificate sulla base del peso molecolare e della solubilità (gli acidi umici sono solubili in acqua a pH alcalino, gli acidi fulvici sono solubili in acqua a tutti i pH). Le sostanze umiche utilizzate per produrre biostimolanti provengono soprattutto da giacimenti di humus fossile (tipo Leonardite) o da compost. Le sostanze umiche esplicano un’azione di stimolo della crescita delle piante per via diretta e indiretta. Esercitano un effetto diretto sulla pianta stimolando la rizogenesi. Inoltre, è stato riscontrato un effetto positivo sull’assorbimento dell’azoto nitrico e sull’attività degli enzimi coinvolti nell’assimilazione dell’azoto nitrico. Le sostanze umiche influenzano positivamente anche il metabolismo secondario, favorendo l’accumulo di antiossidanti e l’attività degli enzimi di difesa dallo stress ossidativo causato da radicali liberi che si generano a seguito di stress ambientali. L’azione indiretta delle sostanze umiche si esplica nel suolo attraverso un miglioramento della fertilità. Infatti cementano le particelle inorganiche degli aggregati, che risultano più stabili, aumentano la capacità di scambio cationico (CSC) ed esercitano un effetto tampone sul pH, incrementando la biodisponibilità degli elementi nutritivi e riducendo le perdite per lisciviazione. Gli effetti positivi degli acidi umici sul terreno e sul metabolismo cellulare determinano una maggior tolleranza delle piante agli stress abiotici (es. salinità) e biotici (es. attacchi di malattie fungine).

Un’altra categoria di sostanze biostimolanti è costituita dagli idrolizzati proteici. Essi sono delle sostanze contenenti una miscela di aminoacidi e peptidi solubili, generalmente ottenuti per idrolisi chimica o enzimatica, o mista da proteine di origine animale o vegetale. Le fonti proteiche sono rappresentate da residui della lavorazione del cuoio (es. collagene), da residui dell’industria ittica o da biomasse vegetali. Attualmente, il mercato europeo degli idrolizzati proteici è rappresentato soprattutto da prodotti di origine animale ottenuti prevalentemente per idrolisi chimica del collagene ad alte temperature in ambiente fortemente acido o alcalino, mentre gli idrolizzati di origine vegetale, ottenuti mediante l’impiego di specifici enzimi e basse temperature, sono ancora poco diffusi.
Gli idrolizzati proteici presentano naturalmente caratteristiche chimiche diverse a seconda dell’origine della materia prima e del processo di produzione. Gli idrolizzati proteici vegetali ottenuti per via enzimatica (materiali di alta qualità) si caratterizzano per la presenza di triptofano, che rappresenta un importante precursore nella biosintesi dell’auxina nelle piante. Gli idrolizzati proteici presentano proprietà biostimolanti, migliorando l’assorbimento e l’assimilazione dei nutrienti (es. azoto nitrico e ferro), la tolleranza a stress ambientali (salinità, siccità, temperature estreme) e la qualità del prodotto. È stato anche evidenziato che gli idrolizzati proteici possono stimolare le risposte di difesa della pianta agli stress. Gli idrolizzati proteici possono esercitare anche un’azione auxino-simile per la presenza di specifici peptidi che fungono da molecole-segnale e attivano i geni della biosintesi delle auxine nella pianta. Gli idrolizzati proteici possono anche influenzare la crescita delle piante per via indiretta stimolando la microflora tellurica.